di Guglielmo Calcerano
In questi giorni avrete sicuramente letto della tragica vicenda del senzatetto trovato senza vita nei locali dismessi dello Stadio Flaminio. La struttura, progettata dall’architetto Nervi e inaugurata nel 1959 in vista delle Olimpiadi del 1960, versa da anni in stato di abbandono totale.
Da culla dello sport – prima per l’atletica leggera, poi per il rugby – lo Stadio si è trasformato in un esempio di degrado urbano. Coni, Federcalcio e Comune di Roma, che ne è il proprietario, non sono mai riusciti a trovare una strategia per il recupero di questo grande patrimonio.
Intanto, però, nel dibattito politico tiene banco la procedura per realizzare un intero nuovo quartiere a Tor di Valle, con il pretesto di realizzare un nuovo stadio, che nella versione-Raggi sarà sì e no il 25% dell’edificato, e senza adeguati collegamenti.
Perché prima di dar vita a nuovi progetti non pensiamo al patrimonio di cui già disponiamo?
Questa corsa al cemento è nell’interesse di pochi: nell’edilizia come nei grandi progetti urbanistici dobbiamo dire no alla speculazione e sì al recupero e alla valorizzazione dell’esistente. Insieme, si può!
Nel seguente allegato trovate il dossier realizzato da Riccardo La Bella per i Verdi di Roma sul perché non sia possibile realizzare un nuovo quartiere direzionale nell’ansa del Tevere a Tor di Valle.