Qualsiasi proposta programmatica rischia di trasformarsi in una “patacca” elettorale se non si ha qualche idea su come reperire i fondi per realizzarla.
D’altra parte, a livello di Municipio, la questione stessa delle risorse finanziarie e umane resta condizionata all’effettivo decentramento di poteri, fondi e personale da parte di Roma Capitale che – come sappiamo – risulta gravemente indebitata, in misura che non è neppure agevole quantificare (si parla di oltre 13 miliardi di Euro, secondo il dossier redatto da Silvia Scozzese nel corso della scorsa consiliatura).
Il ragionamento che va fatto “a monte”, quindi, si articola su due punti fondamentali: rinegoziare i termini di questo debito (Roma Capitale paga alti interessi alla Cassa Depositi e Prestiti) e ottenere, con il decentramento, che tutti i Municipi abbiano da subito una effettiva autonomia in termini di risorse economiche e di personale.
E nel frattempo come portare avanti politiche innovative a livello di Municipio? Ecco tre proposte a “costo zero”:
1) facilitare i cittadini che vogliono contribuire con il loro tempo o il loro denaro alla gestione di beni comuni.
Ad esempio, va agevolata la possibilità di adozione di aree verdi, estendendola (in attesa dell’emanazione del regolamento comunale sul verde pubblico) anche al verde “verticale” – ossia, gli alberi – prevedendo quali specie possono essere impiantate e dove, e stabilendo l’obbligo per il Servizio Giardini, se richiesto,di stipulare protocolli di gestione integrata
Per quanto riguarda gli spazi abbandonati, al di sotto di una certa soglia di valore si dovrebbero prevedere modalità di affidamento in gestione che non necessitino sempre di una previa gara, ma che possano scaturire da una sorta di “dichiarazione di utilizzo senza fini di lucro”, in analogia al sistema della DIA-SCIA prevista per l’autorizzazione alla realizzazione di piccoli interventi di edilizia. Semplificando: il cittadino o l’associazione di cittadini invia una lettera al Municipio dichiarando di voler utilizzare una certa struttura per una qualche iniziativa non lucrativa (ad esempio: palestra, rifugio per animali, centro anziani, etc.). La richiesta viene pubblicata su un apposito sito web, e dal momento della pubblicazione, l’Amministrazione e altri privati hanno un termine per “opporsi” a questo utilizzo (o magari proporre un utilizzo diverso, da parte di un diverso gruppo, etc.). Se però, entro il termine nessuno si oppone, la struttura può essere affidata in gestione, restando a carico del richiedente di procurarsi tutte le antre autorizzazioni eventualmente necessarie. Facile no?
2) la trasparenza: per quanto possibile, tutti gli atti – e specialmente quelli che comportano allocazione di denaro, spese, etc. – devono essere o pubblicati sul web o quantomeno immediatamente accessibili se richiesti da almeno 10, 15 o 20 residenti. Mi riferisco non soltanto all’atto finale che dispone la spesa, ma anche agli atti di valutazione “preliminare” su come impiegare le risorse stanziate in un determinato capitolo di bilancio. In questo modo, sono i cittadini a poter vigilare sempre, e preventivamente, su come la P.A. spende i soldi: vuoi vedere che così le risorse non andranno sprecate?
3) un utilizzo serio e trasparente della finanza di progetto: l’Amministrazione affida ad una impresa privata (con un bando) la realizzazione di un intervento, a spese esclusive della medesima, promettendo all’impresa che una parte del bene realizzato diventerà sua, o potrà comunque essere utilizzata per lungo tempo. Però niente scherzi: monitoraggio stretto sulla realizzazione dell’opera (grazie alla trasparenza) e nessun rallentamento, lievitazione dei costi o modifica del progetto “in corsa” perché altrimenti le condizioni vantaggiose del project financing diventano un capestro per l’Amministrazione.
Fare chiarezza, per fare le cose. Sui soldi non si scherza. Facciamo sul serio, #facciamopace”
Guglielmo Calcerano