Uno scienziato che fa il filosofo della conoscenza, dell’etica e della politica: che iattura!
In un’intervista rilasciata all’Huffington Post il 6 ottobre scorso, il Prof. Franco Prodi ci dice che, siccome (secondo lui…) non è dimostrato al 100% che il cambiamento climatico dipenda dalle attività umane, ALLORA esso non dipende dalle attività umane e, soprattutto, ALLORA è inutile e sbagliato preoccuparci di modificare i nostri stili di vita ed il sistema economico.
Il Prof. Prodi – così come altri suoi colleghi negazionisti – non si attarda però a spiegarci quali siano, in effetti, le cause del cambiamento climatico. Diciamo che, secondo lui, sono “cose che capitano”: accade oggi come è accaduto nel 1200 e nel 1600 (Ma come? Per quanto tempo? Con quale intensità e rapidità? Proprio come oggi?). E non importa pertanto chiarire quale sarebbe – come si dice talvolta nel linguaggio medico o giuridico – il decorso causale alternativo. Perché accade tutto questo? L’asse terrestre cambia inclinazione? Il nord magnetico si sta spostando? Le macchie solari? L’invasione delle cavallette di Jake Blues? Non si sa bene di chi è la colpa, ma comunque non è colpa della nostra specie.
È questa sarebbe una argomentazione scientifica?
Ma il bello é che, socraticamente, secondo Prodi, non solo dobbiamo accontentarci di non sapere: in forza di quanto sopra dobbiamo pure rassegnarci a non agire. Ed ecco spiegato l’equivoco. Qui si introduce una regola di azione, un principio etico-politico, e pertanto la scienza da sola non basta più. Ecco perché Prodi – come gli altri scienziati negazionisti – sbaglia a predicare che è errato o inutile contrastare il cambiamento climatico intervenendo sulle attività umane.
Ed infatti:
- La certezza al 100% non esiste nella scienza, si tratta sempre di modelli: ogni evidenza scientifica resta tendenziale. Di conseguenza quando dobbiamo orientare il nostro agire pratico a partire dall’esame di modelli scientifici, non dobbiamo individuare con certezza assoluta la legge scientifica “giusta” ovvero “l’unico decorso causale possibile” (cosa che, in effetti, ci paralizzerebbe), ma piuttosto escludere quelli meno probabili o meno verosimili. Come ha chiarito la logica giuridica, se un operaio che ha lavorato per 30 anni in un polo petrolchimico sviluppa un tumore, non per ciò solo può dirsi che sia stato il suo lavoro a farlo ammalare. MA se quell’operaio non fuma, non mangia cibi malsani, non presenta una storia familiare di malattie tumorali, ossia NON ESISTONO ALTRE SPIEGAZIONI VEROSIMILI che meglio possono giustificare l’insorgere della malattia, dobbiamo logicamente concludere che è stata proprio l’attività lavorativa al petrolchimico a provocare la malattia;
- Da altra prospettiva, esiste il “principio di precauzione”, che va nel senso esattamente opposto a quanto dicono i negazionisti: se non si può escludere totalmente che, ad esempio, un prodotto alimentare possa essere nocivo per la salute, tale prodotto non sarà immesso in commercio. Se non possiamo escludere totalmente che l’attuale modello economico sia nocivo per il clima, modificheremo il modello economico. E perché? Perché assumeremo il comportamento maggiormente attento al valore ritenuto prevalente (ossia la vita umana sul pianeta, in questo caso). Anche a fronte di un mero “dubbio” scientificamente ben argomentato, sono coloro i quali sostengono che si possa andare avanti così, consumando foreste, bruciando petrolio, nutrendoci di carne e prodotti agricoli frutto di metodi intensivi, a dover dimostrare che il nostro “dubbio” è quasi al 100% infondato, perché siamo “noi” ad aver assunto la posizione di maggior cautela verso il valore prevalente. Caro Franco Prodi, cosa vale di più? I profitti delle multinazionali o il futuro dei nostri ragazzi?
- Ultimo argomento, per “sottrazione”. Ammettiamo pure, per ipotesi, che il cambiamento climatico sia una sciagura verificatasi indipendentemente dal come ci siamo comportati noi umani sulla Terra negli ultimi 150 anni. È purtuttavia CERTO che alcune nostre attività agevolano e accelerano il cambiamento climatico. Non sarebbe allora più logico interrompere comunque queste attività climalteranti, visto che la crisi climatica produce povertà, disuguaglianze, instabilità sociale e politica? Vogliamo provare a salire su una collina durante lo tsunami, o vogliamo correre allegramente verso l’onda?
Cari scienziati negazionisti, vi invito a fare il vostro lavoro: mettete a punto un modello in grado di spiegare molto meglio del “nostro” la crisi climatica. Un modello in grado di toglierci il nostro “dubbio” – un dubbio molto solido e ben argomentato, visti gli ultimi rapporti dell’IPCC – ossia che la causa della crisi climatica sia da individuare nelle attività umane e nel dogma assurdo dello sviluppo infinito in uno spazio finito.
Nel frattempo, parafrasando Clemenceau, mi viene proprio da dire che la scienza è una cosa troppo seria per lasciarla (solo) agli scienziati.
Vai all’intervista al Prof. Franco Prodi: https://www.google.com/amp/s/m.huffingtonpost.it/amp/entry/con-greta-siamo-di-fronte-a-un-abbaglio-mondiale-intervista-a-franco-prodi_it_5d99aaf5e4b03b475f9aad19/